«
<
>
BERLINO
BERLINO
La città (in)visibile.
Ho visitato Berlino nell'aprile del 2012.
Una città con una storia importante, ma recente.
Città quasi artificiale, non classica, moderna. Comunque molto bella.
Sicuramente la prima città a sperimentare una separazione fisica dei suoi stessi abitanti con un muro. Non ghetti per minoranze ma due rigidi blocchi.
In quella circostanza avevo nella memoria la straordinaria qualità ed il sensibile modo di guardare di Wim Wenders.
Del Wenders autore di “Una volta…”, un libro straordinario, fotografico e non solo.
Pochi hanno, ancor oggi, la sua lucida capacità di percepire il paesaggio, soprattutto urbano, con una particolare attenzione nel rendere importante la conservazione,
attraverso la fotografia, della memoria e del significato dei luoghi.
Ed avevo con me anche il libro di Italo Calvino “Le città invisibili”.
Scriveva Italo Calvino:
”Mentre al tuo cenno, sire, la città una ed ultima innalza le sue mura senza macchia, io raccolgo le ceneri delle altre città possibili che scompaiono per farle posto e non potranno più essere ricostruite né ricordate.”
Fotografando, nell’ex Berlino Est, il Gedenkstätte Berliner Mauer, le case che una volta rappresentavano il confine sulla Bernauer Straße o sulla Ackerstraße, guardavo come,
con grande gesto linguistico ed iconografico oltre che storico, su quelle case erano presenti delle fotografie in bianconero che, a loro volta, rimandavano e ricordavano la dolorosa separazione.
Scattando quelle foto riprendevo delle case che avevano impresse su se stesse la loro storia...quasi una necessità di raccontarla ancora.
Lì ho percepito il senso del “…raccogliere le ceneri delle altre città possibili…”, e confermato il significato (uno dei tanti possibili) della fotografia come strumento per non dimenticare ma anche strumento per valutare e contrapporre ad un passato inappellabilmente giudicato un presente che non mantiene, e non può mantenere, tutte le promesse fatte.
Una (parte della) città inevitabilmente spariva divorata dalla necessità di dimenticare le rigide geometrie socialiste (mentali ed architettoniche), creando quelle allusioni visive che lo storico dell’arte Hans Belting chiama “assenze visibili” oppure “presenze di assenze”.
Non lontano, di contro, potevo cogliere nella Lüders-Haus e nella Löbe-Haus (quasi un’espressione di slanciato neo razionalismo) l’innalzamento di altri muri ed altre forme, (concettualmente) sovrastanti l’elemento uomo, proclamato dal mercato, oggi, (virtualmente) libero.
Una metafora?
ITA - Informativa sui cookies • Questo sito internet utilizza la tecnologia dei cookies. Cliccando su 'Personalizza/Customize' accedi alla personalizzazione e alla informativa completa sul nostro utilizzo dei cookies. Cliccando su 'Rifiuta/Reject' acconsenti al solo utilizzo dei cookies tecnici. Cliccando su 'Accetta/Accept' acconsenti all'utilizzo dei cookies sia tecnici che di profilazione (se presenti).
ENG - Cookies policy • This website uses cookies technology. By clicking on 'Personalizza/Customize' you access the personalization and complete information on our use of cookies. By clicking on 'Rifiuta/Reject' you only consent to the use of technical cookies. By clicking on 'Accetta/Accept' you consent to the use of both technical cookies and profiling (if any).
Accetta
Accept
Rifiuta
Reject
Personalizza
Customize