L'ISTANTE DI ROBERTO
ANONIMO TERREMOTATO
Il luogo è Camarda, frazione dell’Aquila, colpita dal terremoto del 6 aprile 2009.
L’estetica di un terremoto è costituita, immediatamente, dalla rappresentazione di macerie. Il suo paradosso, purtroppo, è la fine del fluire di informazioni, già pochi mesi dopo il suo manifestarsi. Cessare, insomma, di essere “notizia”.
La memoria dei fatti ed il sostegno delle ragioni, a quel punto, ricade su chi il terremoto l’ha subìto e su chi ha vissuto questa esperienza drammatica con loro.
Ho incontrato, come volontario, la popolazione terremotata di Camarda nel giugno del 2009. Devo ammettere che è difficile essere sintetici e non cadere nella retorica del descrivere il dramma, il dolore, la forza e la voglia di riscatto di questa gente. Ho quindi affidato la mia necessità di raccontare queste storie allo strumento che meglio padroneggio ( o tento di fare): la fotografia.
Dopo tre anni ho fatto una riflessione sulle immagini raccolte. Molte di queste raccontano la lenta entropia di Camarda, che molto è dovuta al progetto C.A.S.E. “prontamente sviluppato” sulla collina di fronte al paese. Altre raccontano della gente che, invece, ha resistito alla disgregazione dei luoghi; non sempre, però, senza danni interiori.
Credo che un obiettivo della fotografia dovrebbe essere quello di dare valore a realtà considerate, a torto, marginali. Rompere l’accerchiamento, intervenire sull’assuefazione del vedere e creare le condizioni per raccontare e non far dimenticare.
Le foto che presento non sono solo file oppure dei fogli di carta sensibile ma impressioni dettate da una luce particolare, crepuscolare. La luce disegna forme e sintetizza emozioni, circostanze, e da valore a quella che mi piace definire una piccola/grande storia.
Un istante da raccontare.
Roberto scrive sul muro della sua casa terremotata e lesionata, nella zona rossa di Camarda.
Non l’aveva mai veramente lasciata la sua casa…a costo, anche, di dormire nella macchina parcheggiata davanti al portoncino quando la terra continuava a tremare.
Una resistenza agli eventi portatori di macerie, anche interiori. Un atto di ribellione, di liberazione e, forse, di speranza. La speranza di tornare e di ricominciare.
Roberto, che conserva in una piccola scatola i suoi versi scritti su carta, Roberto che traccia poesie e pensieri liberi con la sua matita su una materia precaria, il muro della casa, sempre più screpolato e spaccato e che rischia di scomparire insieme ai suoi versi e ad ai suoi pensieri.
Roberto che ci racconta del terremoto con commozione, manifestando la sua preoccupazione di salvare gli affetti più grandi e cercando, da padre, di non piangere nel momento drammatico che toglie a tutti ogni certezza. Altre volte, con ironia, ci intrattiene con dei versi a braccio che esorcizzano in dialetto la paura del momento e la precarietà del futuro.
Cogliere questo istante irripetibile è stato il testimoniare il punto finale di un percorso, una linea retta che non è mai voluta diventare parabola…nessuna flessione, ma andare dritti fino in fondo alla vita. Un grande gesto il suo, forte e sincero, quasi nobile.
Il mio, più modesto, ma sentito fortemente e profondamente, quello di farlo conoscere.
Per non dimenticarlo, oggi che non c’è più.