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MOURARIA_ALFAMA (LISBONA) - Fotografie di foto
Avevo letto di Camilla Watson, fotografa trasferitasi a Lisbona, quando iniziai a cimentarmi con la tecnica fotografica dell’emulsione sensibile applicata su semplici fogli da disegno.
Qui è possibile vedere qualche mio lavoro realizzato con questa tecnica.
Tra i tanti suggerimenti visti in internet rimasi colpito dal suo lavoro straordinario, di cui dirò dopo, in cui la tecnica dell’emulsione sensibile diventava funzionale ad un progetto di altissima qualità storica ed antropologica.
Lisbona, su cui ciascuno potrà naturalmente avere una sua opinione, era ed è, una città particolare, bella, vivace e in una certa misura integra.
Prima volta lì nel 1982, viaggiando con lo zaino, in autostop, treno e corriera. Un viaggio che potrebbe definirsi “di formazione”, attraversando Francia e Spagna. L’impressione, percorrendo anche il Portogallo verso nord, era di trovarsi in un “mondo alla fine del mondo” non paragonabile certo a quello delle suggestioni di Sepúlveda tuttavia tale per le dilatazioni dello spazio e del tempo.
Soggiornammo in un ostello ad Alfama, sotto il Castello di São Jorge, quartiere architettonicamente ed antropologicamente popolare, tipico, con il fado diffuso quasi come un muzak che ti faceva fermare a qualche angolo di strada cercando di capire da quale finestra provenisse.
Tram, tanta gente, botteghe, osterie e tabernas, le foto scattate con una vecchia ZenithE. Un clima che ti rimane dentro e si alimenta di suggestioni man mano che si scende verso l’oceano, a Belém. Quasi una città “metafisica” dove realtà e racconto spesso si intersecano, e spesso non si districano, al confine tra terra e mare (incognito per i primi navigatori) e dove, se ci si perde, non ci si sente assolutamente smarriti.
Altre suggestioni, forti, visive e letterarie sarebbero successivamente arrivate da Wenders e Tabucchi.
Sono tornato a Lisbona nel 2019, a Mouraria. Praticamente a due passi da Alfama.
Non posso nascondere che, arrivando da est con l’aereo (che differenza con il passaggio della “frontiera” via ferrovia a Valencia de Alcántara, esibendo il passaporto) ho visto una Lisbona moderna, architettonicamente diversa, nuova. Ma la vecchia Lisbona era ancora lì, quasi intatta.
“Sostiene Pereira di averlo conosciuto in un giorno d’estate. Una magnifica giornata d’estate, soleggiata e ventilata, e Lisbona sfavillava”.
Ritorno al lavoro fotografico di Camilla Watson che si può vedere qui.
Le sue opere, realizzate a Lisbona, Mouraria ed Alfama in particolare, sono straordinarie poiché sono realizzate direttamente sul luogo delle riprese, rendendo protagonisti gli abitanti, le loro storie e le strade dei due quartieri dove vivono. Camilla Watson fotografa su pellicola la gente rimasta nei due quartieri, condivide con loro le finalità del progetto (e cioè testimoniarne la storia), sceglie con loro i fotogrammi che meglio li rappresentano e poi…stampa direttamente sui muri dei quartieri, dei bechos, dei vicoli, delle piazzette le immagini scelte. Utilizzando l’emulsione sensibile applicata sui muri trattati con base di calce bianca, Camilla impressiona nottetempo e con una sua particolare struttura “a tenda”, delle porzioni di muro sui quali, quasi per una magica epifania, emergono volti, scene di vita quotidiana, personaggi che hanno avuto rilevanza nel mantenere l’integrità dei due quartieri evitandone la dispersione ed il degrado. Altre volte, ed è spesso il caso dei ritratti di “fadisti”, l’emulsione è stesa su tavole di legno poi applicate sui muri dove questi avevano vissuto.
Un’ontologia dell’immagine fotografica, quella della Watson, carica di significati umani e, secondo me, anche “politici” che possono essere letti in queste sue parole:
“Mi interessano le persone, le comunità e la loro storia. Come possiamo mantenere viva la storia di una comunità? Come possiamo conservare i loro ricordi in ambienti in rapido cambiamento? Voglio portare il passato nel presente in un modo che sia visivo, creativo e accessibile a tutti; soprattutto nei quartieri storici e nelle aree in un processo di cambiamento.”
Dopo essermi documentato, ho cercato le istallazioni della Watson nei vicoli di Alfama e Mouraria, dove avevamo preso casa io e mia moglie, anch'essa fotografa. Ho provato, nel fotografarle, a collocarle il più possibile nel loro contesto. Ho fotografato anche i provvidenziali cartellini collocati per dare informazioni sulla persona ritratta. Ho aggiunto pochi connotati visivi di Lisbona quali qualche casa con azulejos oppure un tram…senza esagerare negli elementi facilmente riconducibili alla città.
Riguardando le immagini di questa breve ricerca sono giunto alla conclusione di non aver “fotografato solo delle fotografie”. La collocazione, la contestualizzazione, il valore aggiunto delle istallazioni della Watson mi avevano consentito infatti, consapevolmente, di fotografare non solo opere di una particolare artigianalità ma anche le storie e la vita in essa raccolte e raccontate.
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