pasquale aiello
foto e progetti
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COSTRUIRE UNA MACCHINA STENOPEICA

Questa semplice descrizione di come costruire una camera stenopeica con materiale facilmente reperibile in casa ed avviarsi verso il mondo straordinario di questa tecnica fotografica, fu ospitata sul sito del mio amico Antonio Messina ed oggi è consultabile su Agredoux. Lo ripropongo quasi tal quale poiché i principi base sono sempre gli stessi, e cioè:

• Il foro non può, naturalmente, produrre immagini la cui nitidezza sia paragonabile a quella prodotta da un obiettivo con lenti;
• Il foro che funge da obiettivo misura frazioni di millimetro (da 0,10 a 0,50 mm.). In pratica avremo diaframmi piccolissimi non paragonabili a quelli degli obiettivi moderni.
• La distanza focale, cioè la distanza ottica (espressa generalmente in mm) tra il punto in cui si concentra la luce all'interno dell'obiettivo (il foro) e il piano del materiale sensibile è importante perché determina l'estensione di una scena che è possibile acquisire (angolo di visione). Una distanza focale breve, per esempio 5/8 cm, ci consegnerà un’immagine fortemente ed estremamente grandangolare, mentre una distanza di 12/15 cm genererà un’immagine pari a quella di un obiettivo 50mm nel rapporto leica.
• La camera stenopeica non ha mirino e, quindi, l’inquadratura della scena avverrà ad occhio cercando di immaginare dove possono proiettarsi le diagonali che partono dal piano pellicola e proseguono in diagonale, all'infinito, passando per il foro stenopeico.
• Le fotografie stenopeiche hanno una profondità di campo quasi infinita, nelle immagini ottenute tutto appare a fuoco. Poiché non c'è distorsione dell'obiettivo, le immagini grandangolari rimangono assolutamente rettilinee.
• Dato il lungo tempo d’esposizione, le pellicole possono soffrire del difetto di non reciprocità e cioè che, all’aumentare del tempo di esposizione, non è più valido il principio di reciprocità tra coppie tempo/diaframma. In pratica con esposizioni più lunghe di un secondo, non essendo più valido questo principio, bisogna aumentare l’esposizione per avere immagini esposte correttamente. Normalmente nei “bugiardini” che accompagnano le confezioni delle pellicole, troviamo dei diagrammi che indicano quale correzione apportare all’esposizione. Qui quello della Ilford PAN F e Ilford HP5+

Dal 2012 ad oggi ho disegnato altre macchine stenopeiche più nuove e "complesse" (se di complessità vogliamo parlare parlando di foro stenopeico). Queste utilizzano un dorso o chassis per pellicola (o carta sensibile), oppure consentono lo scorrimento (con un soffietto) dei piani pellicola/foro stenopeico per farli avvicinare o allontanare al fine di modificare la distanza focale (intercambiando anche la dimensione del foro). Recentemente, stimolato dalla lettura delle ricerche di Beppe Bolchi ho approfondito il foro decentrabile per raddrizzare le linee cadenti in foto d'architettura con la macchina rivolta verso l'alto. In queste due foto si vede un prototipo in cartone con il foro posizionato "a zero" e decentrato verso l'alto.
Anche per i fori ho fatto piccoli passi avanti, sia utilizzando lamierini (lattine - qui il foro è stato scansionato e misurato con CS6) o fogli di rame per brunatura (carta di spagna) forati sempre con aghi, sia acquistando pinhole incisi con il laser a prezzi contenuti.

ECCO IL TESTO DEL 2012 (con piccolissime modifiche)

"La più semplice macchina a foro stenopeico può essere costruita con comuni oggetti facilmente reperibili in casa o acquistabili con poca spesa. Esistono, ovviamente, apparecchi più sofisticati o esteticamente originali (provate solo pensare di fare delle foto con una scatola di metallo del tè o del caffè, o con lo scatolone d’imballo della lavatrice appena acquistata…) che però necessitano prima di una certa pratica con la tecnica del foro stenopeico e dell’apprendimento delle nozioni e regole fondamentali della fotografia (in realtà molto semplici: distanza focale, apertura diaframma, calcolo dell’esposizione, angolo di campo, valutazione del “difetto di reciprocità” , ecc…).

1) IL CORPO MACCHINA

Per iniziare, la materia prima potrebbe essere una semplice scatola di cartone (quelle delle scarpe va già bene) che avremo cura di pitturare di nero all’interno (scatola e coperchio): ciò eviterà il verificarsi della riflessione della luce che penetrerà all’interno della scatola attraverso il foro stenopeico (nel nostro caso il foro rappresenta l’obbiettivo).


2) IL FORO STENOPEICO
Tracciamo sul fondo della scatola due diagonali ed otterremo così il punto esatto ove verrà posizionato il foro stenopeico che realizzeremo con il domopack nelle prossime sequenze.
Dopo aver tracciato le diagonali, possiamo asportare dal centro della scatola un piccolo rettangolo di cartone che verrà poi sostituito dalla stagnola.

Passiamo ora a realizzare il nostro obbiettivo. Occorre della semplice stagnola (la pellicola che utilizziamo per surgelare gli alimenti) opportunamente ritagliata.

Ora arriva il momento più delicato: forare la stagnola con la maggiore precisione possibile. Infatti, se il foro dovesse presentare delle sbavature, la luce penetrerà all’interno della scatola disperdendosi e formando un’immagine sfuocata. Si opera forando il rettangolino di stagnola con un ago da cucito (il più sottile reperibile può dare un foro di circa 0,4 o 0,5 millimetri) avendo cura di poggiare la stagnola su di un giornale. Ciò consentirà alle sbavature di appiattirsi sui fogli di giornale e di restituirci un foro perfetto (avviso: non ci riuscirete al primo colpo… probabilmente al secondo).
Avendo cura di non “spiegazzare” il rettangolino di stagnola con il foro appena praticato, applicheremo questo, con precisione, al posto del ritaglio di cartone sul fondo esterno della scatola sigillandolo bene con del nastro adesivo. La macchina è quasi pronta!
Bisogna costruire un ultimo dispositivo: l’otturatore. Nelle macchine fotografiche convenzionali è quel sistema che si aziona premendo il pulsante di “scatto” e serve a far entrare la luce necessaria ad impressionare la pellicola per un tempo che avremo prima impostato.
Nel nostro caso questo meccanismo, di solito molto sofisticato negli apparecchi reflex, si riduce ad un pezzetto di cartone quadrato o rettangolare posizionato davanti al foro eseguito nella stagnola e tenuto fermo a libretto (vuol dire fissato alla scatola su un solo lato dei quattro, lasciandolo quindi libero di alzarsi ed abbassarsi comandato dalla nostra mano) con del nastro adesivo. È ovvio che quando si esce dalla camera oscura il foro deve essere ben coperto dal cartoncino/otturatore. Quando inizieremo la ripresa, invece, lo alzeremo completamente per tutto il tempo dell’esposizione.

3) MATERIALE SENSIBILE
Nella foto si vedono i due tipi di materiale utilizzabili per effettuare le riprese (in pratica il supporto che riceverà l’immagine).
Possiamo usare sia un normalissimo foglio di carta da stampa nel formato che si adatta meglio al coperchio della scatola: di solito va bene un 13×18 cm che può essere anche ritagliato, in camera oscura e luce inattinica, nella misura opportuna. L’alternativa è costituita dall’utilizzo, ma lo consiglio ai più esperti, di una pellicola piana, purtroppo più costosa. Le pellicole piane vanno maneggiate anch’esse in camera oscura e, se ortocromatiche (lith), con la luce rossa e se pancromatiche, e cioè sensibile a tutti i colori, al buio assoluto. Certo una pellicola registrerà l’immagine in maniera più dettagliata. Il materiale sensibile, qualsiasi sia la scelta, può essere applicato sul fondo della scatola con del biadesivo.
Sempre in camera oscura si avrà cura di richiudere la scatola facendo aderire perfettamente il coperchio. Per sigillare l’apparecchio fotografico (scatola e coperchio) sarà necessario utilizzare un elastico molto stretto.

4) DOPO AVER FOTOGRAFATO
Effettuata l’esposizione della pellicola o del foglio di carta da stampa, portiamo subito la nostra macchina in camera oscura e, alla sola luce rossa se trattiamo carta da stampa o materiale ortocromatico o al buio se pancromatico, apriamo la scatola. Da questo momento inizia la parte più affascinante di tutto il progetto: la stampa. I risultati, all’inizio, imporranno attenzione e raziocinio al fine di non buttare tutto, macchina compresa, nella spazzatura! Non è sempre facile azzeccare i tempi di esposizione spesso empirici ma, superati i primi momenti, ci vorranno pochi tentativi per padroneggiare la tecnica sulla quale, purtroppo, non posso aggiungere molto in questa sede, pena far diventare delle note esplicative qualcosa d’altro.

5) ALCUNI CONSIGLI
Prima di esporre per la prima volta, provate la “tenuta di luce” della macchina al fine di controllare che non vi sia altra luce che si introduca all’interno (per esempio dal coperchio non ben sigillato) che non sia quella che deve passare attraverso il foro stenopeico. Si opera introducendo un pezzetto di carta sensibile nella macchina (ovviamente in camera oscura) e lasciando poi la stessa alla luce del sole per 5 minuti ma con l’otturatore ben chiuso ! Successivamente, in camera oscura, si svilupperà a fondo il pezzetto suddetto che dovrà risultare perfettamente bianco: un colore grigio o, peggio, annerito testimonierà della non perfetta tenuta di luce della macchina che andrà sigillata meglio.
Il tempo d’esposizione è il punto critico di tutto il sistema. Essendo il nostro obbiettivo (il foro stenopeico) piccolissimo, passa attraverso di esso pochissima luce e di conseguenza i tempi d’esposizione si dilatano notevolmente. Se si osserva un normale obbiettivo reflex si può notare che esso, nel punto in cui è più chiuso e stretto, misura f/16 oppure f/22: il nostro forellino da mezzo millimetro può essere paragonato a circa un f/256. Frazioni di millimetro in più o in meno durante la sua realizzazione lo possono aprire o chiudere a f/180 o f/412! Si capisce intuitivamente che, mentre con una reflex di solito fotografiamo con tempi in frazioni di secondo (da meno di 1/30 ad oltre 1/1000) con il foro stenopeico i tempi si possono calcolare anche in minuti consigliando, quindi, la ripresa di soggetti il più possibile statici.
Una ulteriore conseguenza della lunghezza dell’esposizione è che la macchina deve essere poggiata saldamente su un piano o su di un cavalletto al fine di evitare fastidiosi “mossi” nel risultato finale.
Empiricamente il tempo d’esposizione varia a seconda del tempo meteorologico, e della conseguente luce disponibile, nel senso che, ovviamente, una bella giornata di sole comporterà una esposizione di gran lunga inferiore a quella di una giornata nuvolosa e viceversa. Si può partire, esponendo un foglio di carta sensibile, provando (con il sole) un tempo di 2 minuti: a seconda del risultato si proverà dimezzando o raddoppiando il tempo stesso. Sarà bene annotare l’esperienza e le sue variazioni su un quaderno di appunti utile a rendere in futuro ripetibili e veloci le operazioni di esposizione a parità di condizioni metereologiche e di materiale fotografico utilizzato per la ripresa.
La messa a fuoco della macchina, ovviamente, va dal piano del foro fino all’infinito e, quindi, è opportuno che sia posizionata, oltre che per i motivi citati prima relativi all’esposizione, su un sostegno stabile e privo di superficie proprio davanti al foro e che lasci libero l’angolo di campo: è consigliabile, per esempio, un cavalletto o il bordo di una finestra o lo spigolo di un tavolo. Mai il centro di un tavolo poiché, altrimenti, buona parte della foto sarebbe occupata dal tavolo stesso!

Di seguito, le immagini di una camera stenopeica in legno, disegnata da me e costruita da Romolo Parisi: fronte e retro."


PER APPROFONDIRE
Utilissimo, per chi volesse sperimentare la fotografia e tentare di capirne i meccanismi, il semplice e chiarissimo libro di Carla NOVI – FOTOGRAFIA DIDATTICA – Franco Angeli ed., oggi, purtroppo, di difficile reperibilità e di cui pubblico una piccola nota nel mio menù books (not mine).
Su internet, comunque, il materiale disponibile è vastissimo.

Qualche link utile:

pinholedesigner per calcolare il tempo esatto di esposizione una volta inseriti alcuni parametri…
skin pinhole pancake per l'acquisto di fori stenopeici di tutte le misure, incisi a laser
Jon Grepstad un autentico maestro (testo in inglese ma imperdibile) nel cui sito si possono trovare tantissime informazioni storiche, schede tecniche ed idee.
Costruire una camera stenopeicas utilizzando una lente invece del foro (testo in spagnolo/italiano). Didattico.
Video della The Royal Institution
Alternative photography
Alternative photography
Stenòcamèra (in francese/italiano)


Le mie prime camere stenopeiche in cartone (dx e sin.) ed in legno con fronte in cartone (al centro)
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Le mie prime camere stenopeiche in cartone (dx e sin.) ed in legno con fronte in cartone (al centro)
camera in cartone rigido 5x7 - distanza focale 15 cm. - chassis inseribile dall'alto
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camera in cartone rigido 5x7 - distanza focale 15 cm. - chassis inseribile dall'alto
camera stenopeica 4x5 - distanza focale 10 cm. - scatola in legno ikea dragan - retro
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camera stenopeica 4x5 - distanza focale 10 cm. - scatola in legno ikea dragan - retro
camera stenopeica 4x5 - scatola in legno ikea dragan - fronte
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camera stenopeica 4x5 - scatola in legno ikea dragan - fronte
camera stenopeica in cartone 5x7 - distanza focale 15 cm. - chassis assicurato con elastici
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camera stenopeica in cartone 5x7 - distanza focale 15 cm. - chassis assicurato con elastici
camera stenopeica in cartone 5x7 - chassis assicurato con elastici
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camera stenopeica in cartone 5x7 - chassis assicurato con elastici
La chiarezza didascalica del libro di Carla Novi - ©
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La chiarezza didascalica del libro di Carla Novi - ©


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